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Trattamento mininvasivo della Stenosi Lombare

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Trattamento mininvasivo della

La stenosi rappresenta un processo degenerativo del rachide che interessa le persone anziane ma non risparmia i giovani. Negli anziani i sintomi sono piuttosto caratteristici, con dolore lombare, parestesie (formicolii), dolori agli arti inferiori, anomalie posturali e claudicatio intermittente neurogena (il paziente si ferma dopo qualche passo, quindi riprende e si ferma di nuovo perché le gambe non reggono).

Nei giovani, la stenosi si annuncia prevalentemente col mal di schiena. È indice di sovraccarico funzionale sul disco e sulle faccette all’esordio dei processi degenerativi che spesso porteranno al quadro tipico dell’anziano. Alla base vi è spesso una discopatia.

Alterazioni vertebrali tipiche

La stenosi nel suo quadro più completo si caratterizza per deformazione ossea, degenerazione del disco intersomatico, ipertrofia e lassità legamentosa. Queste comportano un abbassamento dello spazio discale, sofferenza delle faccette articolari, restringimento del forame di coniugazione e “ridondanza” dei tessuti. I “nervi” (strutture nervose) ne risultano strozzati con sofferenza per alterazione del flusso vascolare e quindi assonale (nervoso). Lo strozzamento interessa il fascio dei nervi raccolti nel sacco durale e diretti agli arti inferiori (da qui deriva la difficoltà della deambulazione) e nel forame di coniugazione. Lo strozzamento del nervo che a ciascun livello (più comunemente L4-L5) esce dal forame di coniugazione porta le manifestazioni sciatiche.

Le protesi 

Esistono diversi tipi di protesi tra cui DIAM, ‘X-stop, “U” (Coflex), Wallis ed ultimamente il BacJak. Il DIAM è diverso dagli altri perchè in materiale deformabile, con funzioni di cuscinetto tra processi spinosi contigui. Gli altri sono per lo più rigidi con funzioni di stabilizzazione e “riduzione del carico”. Interposti tra processi spinosi contigui attenuano l’appoggio sulle faccette articolari ed allargano il forame di coniugazione. L’attenuazione del carico sulle faccette ne migliora la funzionalità contrastando il mal di schiena; l’allargamento del forame di coniugazione riduce l’irritazione e quindi l’infiammazione delle radici nervose e la sofferenza dei nervi coinvolti (spesso sciatico).

Il ruolo della protesi 

L’impianto “sostiene” le vertebre coinvolte, “allargando” il forame di coniugazione, attenuando il carico sulle faccette articolari e “stirando” i legamenti ridondanti. In pratica crea un maggiore spazio per il sacco durale, le radici nervose, favorendone il flusso sanguigno e l’apporto nutritizio.

Viene ripristinato lo spazio perduto e le radici compresse riguadagnano il loro spazio. La postura migliora e così l’autonomia motoria, mentre scompare il dolore. Per le persone giovani, col mal di schiena, il ruolo fondamentale della protesi è quello di attenuare il carico sul disco malato e sulle faccette articolari, dando una migliore funzionalità alla colonna; naturalmente i risultati saranno migliori e la prevenzione di ulteriori peggioramenti più efficace se nel contempo l’individuo migliora le sue abitudini di vita. Per questo tipo di problema e per altri simili della colonna lombosacrale sono fondamentali gli esercizi in estensione e quelli di tonificazione dei muscoli paravertebrali.

L’intervento in anestesia locale

Non tutte le protesi sono però adatte ad un impianto di questo tipo. Si prestano meglio delle altre il BacJak, l’X-Stop e l’ Aperius. Il BacJac viene impiantato da un solo lato con una piccola apertura di circa 3 cm. Spesso infatti è sufficiente l’inserzione della protesi senza ulteriori manipolazioni del rachide per un beneficio immediato.

Anche la “U” può essere impiantata con queste modalità tecniche. La “U” offre eventualmente il vantaggio di poter effettuare contestualmente una piccola laminectomia che dia più “respiro” alle strutture nervose compresse.

Il paziente comincia ad alzarsi già dalle prime ore dopo l’intervento e spesso dal giorno successivo torna a casa ritrovando subito la sua autonomia domestica. Per una piena autonomia ed il recupero dell’efficienza lavorativa bisognerà aspettare 1-3 settimane.

Risultati

Il distanziatore migliora la distribuzione del carico tra le vertebre in cui è interposto. Quasi sempre si tratta dell’ultimo segmento vertebrale ossia L3-L4, L4-L5. L’effetto è quello di stirare i tessuti limitando la debordanza all’interno del canale vertebrale. Allarga di fatto il canale vertebrale, riducendo la stenosi e evitando ai nervi la pressione delle strutture circostanti. Il distanziatore allontana tra di loro le faccette articolari, il canale di coniugazione (delimitato posteriormente appunto delle faccette articolari) ne risulta allargato e la radice che esce a quel livello”respira” (non subisce più la pressione delle strutture circostanti). Il “nervo” che ne deriva funziona quindi meglio.

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